L’Investigatore Privato tra Analfabetismo e Master: Un Sistema di Formazione da Rivedere

 

Negli ultimi anni, il percorso per diventare investigatore privato è cambiato radicalmente. Il rilascio della licenza, secondo il D.M. 269/2010, è oggi vincolato al possesso di una laurea, mentre prima di tale data era sufficiente saper leggere e scrivere. Un cambiamento drastico, che ha portato a una netta differenziazione tra chi si è formato con il vecchio ordinamento e chi ha seguito le nuove regole.

 

Le Disparità del D.M. 269/2010

Il D.M. 269/2010 ha introdotto requisiti più severi per ottenere la licenza da investigatore privato, mentre per altri settori, come l’informatore commerciale o i titolari di istituti di vigilanza, è sufficiente un diploma. A rendere il tutto ancora più complesso è il fatto che chi era titolare di licenza investigativa da almeno cinque anni alla data di entrata in vigore del decreto poteva regolarizzarsi con un semplice corso di aggiornamento, anche se in possesso solo della licenza media.

Questa disparità, secondo chi scrive, rappresenta una violazione del codice del consumo e può persino configurare profili di illegittimità costituzionale. Il consumatore, infatti, non può distinguere tra un investigatore che ha ottenuto la licenza con il vecchio ordinamento e uno che l’ha acquisita dopo il 2010, il che solleva questioni di trasparenza.

 

Ostacoli all’Accesso alla Professione

Il D.M. 269/2010 introduce numerosi ostacoli per coloro che vogliono entrare nella professione di investigatore privato. Questo, secondo l’autore, rappresenta un atteggiamento illiberale, in contrasto con le indicazioni dell’Unione Europea, che da tempo chiede la rimozione di sbarramenti per l’accesso alle professioni. La liberalizzazione porterebbe enormi benefici per l’occupazione e per i consumatori, ma molte lobby cercano di impedire questo cambiamento.

La Formazione: Un Passo Avanti, ma con Limiti

n aspetto positivo del D.M. 269/2010 è l’introduzione dell’obbligo di aggiornarsi. I titolari delle agenzie investigative devono partecipare a corsi di perfezionamento per ottenere il rinnovo della licenza ogni tre anni. Tuttavia, il decreto non specifica chiaramente le caratteristiche di questi corsi, lasciando spazio a interpretazioni ambigue e a iniziative di formazione non sempre all’altezza.

Sarebbe stato auspicabile l’introduzione di un sistema di Crediti Formativi Professionali (CFP) per garantire un aggiornamento continuo e qualificato. Al momento, la formazione è spesso gestita da associazioni di categoria, senza un vero controllo sulla qualità dei corsi offerti.

La necessità di una certificazione UNI

In assenza di un albo professionale per gli investigatori privati, la Legge 4/2013 delega le “associazioni professionali” a curarne la formazione. Tuttavia, una svolta importante potrebbe essere l’introduzione di una certificazione UNI per gli investigatori privati. Questa procedura permetterebbe di separare i professionisti qualificati dagli improvvisati, garantendo al mercato investigatori con competenze certificate.

Conclusione: Un Settore da Riformare

Il settore delle investigazioni private, così come regolamentato dal D.M. 269/2010, necessita di riforme che permettano l’accesso equo alla professione e garantiscano la trasparenza nei confronti dei consumatori. La certificazione UNI potrebbe rappresentare un primo passo verso una regolamentazione più giusta, ma è necessario un impegno maggiore da parte delle istituzioni per rendere il settore più accessibile e competitivo.

 

Alessandro Cascio
Presidente Associazione Professionale Investigazioni e Sicurezza (APIS)